exposing the dark side of adoption
Register Log in

The supermarket closed

public

ROMANIA - Bloccate le adozioni in attesa di nuove regole

Il supermercato ha chiuso

   di RENATA MADERNA - foto di Fausto Tagliabue
  

   Famiglia Cristiana n.22 del 3-6-2001 - Home Page

Stop all’esportazione di bambini che ha segnato la Romania dopo Ceausescu. Con l’aiuto della Ue.

La prima sera sono 30 per strada. Possiedono i vestiti che indossano e quel documento cucito in tasca che è una sentenza. Sono ragazze da istituto, dove le hanno portate tanto piccole che non se lo ricordano nemmeno, alcune dichiarate "ritardate" da subito. Ma ora, dopo 18 anni là dentro, in fondo sono tutte così. In ritardo sulla propria vita, incapaci di organizzare una giornata che non sia scandita dai ritmi imposti dall’istituzione, di guadagnarsi il pane, di capire il significato di parole lontane come casa, famiglia, amore.

La seconda sera sono rimaste in 20 nelle strade della grande città che le attira tutte, ricca e bella come l’hanno vista in televisione. Domani saranno dieci, cinque, inghiottite da uno dei tanti traffici o da uno dei molti tombini.

Il Dipartimento rumeno per la protezione dell’infanzia fotografa queste storie con una cifra: sono 2.649 gli over 18 "in cerca di una sistemazione". Molto di più raccontano i volti delle ragazze che vivono in uno dei tanti "blocchi" grigi del quartiere di piazza Obor.


Il Centro per ragazze a Bucarest.

Niente tombini né sfruttamento, per loro, ma il sorriso di suor Nicoletta Danna, della Congregazione di San Giuseppe di Aosta, e delle quattro consorelle, da cui stanno imparando faticosamente a vivere. «Prima di tutto abbiamo dovuto insegnare le cose più elementari, la pulizia, la cucina, la cura di sé, e poi ad acquisire sicurezza in sé stesse, a imparare un lavoro, a studiare. Quando arrivano, alla domanda "Tu chi sei?" rispondono: "Un’orfana". Poi imparano a dire il loro nome».

Oltre alle suore-mamme, nel gruppo-appartamento, in cui vivono anche alcune ragazze madri, ci sono i volontari dell’Ai.Bi. Spiega Daniela Trogu, 28 anni, coordinatrice per la Romania dell’associazione: «Non diamo mai soldi direttamente alle persone di cui ci prendiamo cura. Sappiamo troppo bene che in passato sono finiti in una bevuta al bar. Finanziamo gli studi delle ragazze o l’asilo per i figli delle mamme che lavorano, o comperiamo cibo e vestiti per oltre 30 famiglie della zona. Ci sono disoccupati, madri abbandonate, nonne lasciate sole a curarsi dei nipoti e persino una bisnonna con un bambino. Ma i soldi non sono tutto: ti si apre il cuore a vedere come queste ragazze imparano ad aiutarsi l’un l’altra. E poi capita anche che qualcuno da ospite si trasformi in operatore, un passaggio che stanno facendo molte di loro».


Ragazze del Centru de plasement 5 a Valcea. 

Quel che si impara in questi progetti dell’Ai.Bi. (tanti, diversi – dalle case-famiglia alle case d’accoglienza, agli aiuti ai singoli – e soprattutto agili, con un equilibrio che nasce dall’intelligenza e dalla passione), del resto, è ripetitivo: se le aiuti, le mamme non abbandonano i figli, se sostieni le famiglie non occorre mandare i bambini in adozione, se fai nascere iniziative locali non sarai costretto a strappare un piccolo alle sue radici.

«Questo è il fondamento del principio di sussidiarietà», spiega Marco Griffini, instancabile presidente dell’Ai.Bi. «L’adozione deve essere solo la soluzione estrema. È importante ribadirlo in un Paese come la Romania, in cui dopo la rivoluzione c’è stata una fuga incontrollabile di bambini. Tra il 1° agosto 1990 e il 17 luglio 1991, oltre 10 mila ospiti degli istituti hanno lasciato il Paese grazie a un mercato che ha arricchito avvocati e funzionari e favorito abusi di ogni genere».

Che la Romania non debba essere più il supermercato dei bambini "bianchi", così ricercati all’estero, è convinzione anche della commissione Affari esteri e diritti umani dell’Unione europea, che ha ripetutamente chiesto al Paese di adeguare la legislazione e soprattutto la quotidianità dell’adozione all’interesse del bambino. Dopo una serie di cambiamenti a livello normativo, ora le adozioni internazionali sono state bloccate in attesa di nuove regole.

«Ma prima di tutto», ricorda Griffini, «occorre decidersi a pensare non solo ai neonati, ma anche ai più grandicelli, che rischiano di rimanere lì, come merci scadute sugli scaffali».

r.m.

Maria, figlia adottiva di Carla Ciceri, a cui è dedicata la casa dell’Ai.Bi.
Maria, figlia adottiva di Carla Ciceri, a cui è dedicata la casa dell’Ai.Bi.

La lezione di Carla. E quella di Maria

Beato il bambino che avrà per mamma Maria, 21 anni, che ha tagliato il nastro dell’inaugurazione della casa-famiglia Ocnele Mari di Ramnicu Valcea, intitolata a Carla Ciceri, che è stata sua madre dal 1987. Fino ad allora Maria, brasiliana per nascita, aveva vissuto in una delle tante favelas di San Paolo con la sorella Marta di pochi mesi. «Mi curavo io di lei», racconta, «con l’aiuto dei vicini che ci portavano qualcosa da mangiare. Poi io, come tutti i bambini lì, rubavo qualcosa. Mi ricordo che schiacciavo la frutta per aiutarla a ingoiare». Dopo la baracca, l’istituto: «C’era una coppia, brava con noi, anche se non mi lasciavano tenere in braccio Marta perché ero troppo piccola... Un giorno sono arrivati mamma e papà. Ho due ricordi precisi: la corsa per abbracciare lui forte e, il giorno dopo, a Rio, quando ho visto il mare per la prima volta. Sono entrata dentro tutta vestita: stupendo». Quattro anni fa Maria ha perso anche la seconda mamma, volontaria dell’Ai.Bi., portata via da un tumore. Ma l’angoscia della vita non l’ha scalfita: «All’inizio ero molto arrabbiata, ma da mia madre ho ricevuto e imparato tante cose che rimangono dentro, come voler bene a un figlio. Le stesse che spero possano trovare anche i piccoli ospiti della casa che porta il suo nome».

Corina e un bimbo di Parada.

Corina e un bimbo di Parada
Cinquantamila lire al mese

La casa-famiglia dell’Ai.Bi. a Ramnicu Valcea è stata finanziata da migliaia di sostenitori italiani e dagli oltre diecimila clienti della Chicco Artsana, con la campagna "Orsetti Natalini". Seguiranno due altre case-famiglia a Tulcea e Braila, che si aggiungono ai due gruppi-appartamento di Bucarest e Ramnicu Valcea e alla comunità per ragazze madri a Bucarest. Per aderire, scrivere ad Ai.Bi., Casella postale 77 -

20077 Melegnano (Mi), o telefonare allo 02/98.82.21. L’impegno economico richiesto è di 50 mila lire mensili, da versare ogni tre, sei o 12 mesi. L’Ai.Bi. (fax 02/98.23.26.11; sito Internet www.aibi.it), è anche ente autorizzato all’adozione internazionale.
  
www.cisf.it
2001